«Perché rigira il verso del tempo. Siamo soggiogati e convogliati nel compatto tempo dell’utile, del produrre. Scicli, invece, è luogo che ci rinnova il senso del sacro, della festa e in ultima analisi, accesso e liberazione del divino che è in noi, anche del divinamente inutile come correre dietro a una statua imbizzarrita e suonare per 1500 volte in due giorni lo stesso pezzo, la marcia reale del Busacca»
Vinicio Capossela
La nome di Scicli risale alla parola Siclis, il nome in cui venivano chiamati i Siculi che fin dal 1000 a.C. hanno popolato l’isola. I primi insediamenti furono nella parte alta della città, precisamente sulla sommità di colle San Matteo.
Sono state ritrovate numerose testimonianze greche e cartaginesi fino alla conquista romana quando, come altre città siciliane, Scicli divenne decumana e costretta a cedere un decimo del proprio raccolto a Roma.
Dopo la caduta dell’Impero romano la città venne invasa da Bizantini e successivamente dagli Arabi. La città prese il nome di Sikla e crebbe economicamente tanto da essere esaltata dallo storico arabo Edrisi.
Successivamente alla dominazione saracena la città di Scicli fu conquistata dai Normanni che introdusse il sistema feudale. Nel 1282 con i Vespri Siciliani, Scicli si ribella e si pone autonomamente sotto la protezione di Pietro d’Aragona.
Anche Scicli nel 1693 fu colpita dal durissimo terremoto che sconvolse tutta la Val di Noto e la città fu quasi interamente distrutta. Le sorti di Scicli si unirono negli anni successivi, alle sorti di Modica e della contea.
Durante il periodo dell’annessione all’Italia, nel giugno del 1860, Scicli proclamò l’annessione al Piemonte con Garibaldi dittatore supremo dell’isola.